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Personal Branding e coerenza tra online e offline
Anteprima della puntata:

Costruire il giusto personal brand permette di rafforzare la fiducia e la credibilità nei nostri confronti.

Ma come si realizza concretamente un buon livello di coerenza?

Come possiamo evitare il rischio di apparire diversi in ogni occasione?

Quali dinamiche bisogna conoscere del mondo online affinché non si creino molteplici versioni di noi?

Stagione 3 - Puntata n° 38

10 CONCETTI EMERSI DALLA PUNTATA

  1. Il personal branding funziona solo se c’è coerenza tra ciò che si comunica e ciò che si è davvero.
  2. Molti curano la loro immagine online senza interrogarsi sull’effetto che genera dal vivo.
  3. Le discrepanze tra online e offline possono danneggiare credibilità e fiducia.
  4. Non serve essere “perfetti” ma leggibili e coerenti nei diversi contesti.
  5. La cura del personal branding deve includere il tono, le intenzioni e le relazioni concrete.
  6. Esporsi online richiede di assumersi la responsabilità dell’effetto generato.
  7. Molte persone sono “accattivanti” online ma evasive o confuse offline.
  8. La reputazione digitale si costruisce nel tempo, ma può essere compromessa in pochi gesti incoerenti.
  9. Curare il proprio posizionamento non significa recitare un personaggio, ma chiarire chi si è.
  10. L’autenticità non è spontaneità assoluta, ma congruenza tra ciò che si dice, si fa e si è.
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GLI SPUNTI NATI DA QUESTA LIVE

1. La vera coerenza non è uniformità, ma continuità tra i contesti

Essere autentici significa mantenere lo stesso tono umano dentro e fuori dal digitale.

  • Esempio pratico: Una voce racconta che ha rivisto il proprio profilo LinkedIn perché “sembrava scritto da un’altra persona rispetto a come parlo davvero nei workshop”.
2. L’effetto “online performativo” può distorcere l’identità reale

Mostrarsi solo efficaci, positivi o brillanti crea distanza tra ciò che si è e ciò che si racconta.

  • Esempio pratico: Una voce dice che si è sentita stanca di “recitare successo” e ha iniziato a condividere anche difficoltà e dubbi professionali.
3. Le incoerenze tra online e offline vengono percepite molto più di quanto si pensi

Se dici una cosa sui social e ne fai un’altra nella realtà, le persone se ne accorgono.

  • Esempio pratico: Una voce ha perso un cliente dopo che il suo post su inclusività è stato smentito da una risposta sbrigativa a un collaboratore.
4. Avere un tono diverso nei diversi canali non è incoerenza, è adattamento

Coerenza non significa dire le stesse cose con lo stesso stile ovunque.

  • Esempio pratico: Una voce racconta che sui social usa un tono più asciutto, mentre nelle mail ai clienti mantiene un registro più empatico e personale.
5. La coerenza online richiede intenzionalità, non automatismi

Non basta “essere presenti”: serve scegliere cosa comunicare e come, in base a ciò che si è.

  • Esempio pratico: Una voce ha smesso di pubblicare ogni giorno e ha iniziato a scrivere solo quando aveva qualcosa da dire davvero, anche se meno spesso.
6. I comportamenti offline sono il vero test del personal branding

Il brand personale non si misura dai like, ma da come ci si comporta nei contatti reali.

  • Esempio pratico: Una voce racconta che un contatto l’ha cercata per una collaborazione dicendo: “mi è piaciuto come hai gestito il confronto con quel follower critico”.
7. L’ansia da coerenza può diventare una trappola di perfezionismo

Essere coerenti non significa essere impeccabili: si può anche cambiare idea, purché lo si dichiari.

  • Esempio pratico: Una voce ha scritto un post dicendo “mi sto contraddicendo rispetto a un anno fa, e vi spiego perché”: ha ricevuto più interazioni che mai.
8. La coerenza rafforza la fiducia, anche in contesti professionali fragili

Mostrare continuità tra parole e azioni crea legami più solidi e duraturi.

  • Esempio pratico: Una voce racconta che una cliente è tornata da lei dopo mesi dicendo: “mi fido perché sei sempre la stessa, anche nei momenti difficili”.

DOMANDE GENERATIVE

Le domande che hanno generato un dialogo

Chi siamo online corrisponde a chi siamo dal vivo?

Ha aperto un confronto su autenticità e rappresentazione: alcuni sentono coerenza tra i due livelli, altri percepiscono una distanza tra immagine pubblica e realtà vissuta.

È possibile essere autentici sui social senza risultare “fuori contesto”?

Ha stimolato riflessioni sul linguaggio, i codici impliciti e le aspettative che regolano ogni piattaforma, rendendo difficile essere se stessi senza “strategia”.

La coerenza è sempre un valore nel personal branding?

Il gruppo ha discusso se mantenere una linea stabile sia una forza o un limite, soprattutto quando si cresce, si cambia o si sperimentano nuove versioni di sé.

Come reagiamo quando incontriamo offline una persona molto diversa da come appare online?

Sono emerse esperienze di delusione, disorientamento o, al contrario, sorpresa positiva: questo ha portato a riflettere sul peso delle aspettative e del “personaggio”.

DOMANDE TRASCURATE

Le domande che erano interessanti ma sono state poco considerate

Quanto del nostro personal branding è costruito per piacere?

Domanda potente rimasta in sospeso: non si è esplorato il ruolo del consenso e della ricerca di approvazione nella definizione della propria immagine pubblica.

Chi può permettersi di essere davvero se stesso online?

È stata solo accennata e non sviluppata: poteva aprire un discorso su ruoli, privilegi, sicurezza lavorativa e rappresentazione minoritaria.

Cosa succede quando cambiamo identità pubblica?

Spunto interessante che non ha trovato spazio: nessuno ha raccontato transizioni, scelte di rebranding o tensioni tra passato e presente.

La coerenza online ci limita o ci rassicura?

Domanda evocata nel finale ma non discussa: avrebbe potuto aprire un confronto su come gestire le aspettative di continuità con sé stessi.

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