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Ascoltare e farsi ascoltare: difficoltà a confronto
Anteprima della puntata:

In alcuni momenti è più complesso ascoltare chi sta parlando con noi.
Cosa rende più difficile l’ascolto?
Per te quando e perché ti è difficile ascoltare?

Raccontaci un momento in cui non hai avuto la capacità di ascoltare.

Stagione 3 - Puntata n° 19

10 CONCETTI EMERSI DALLA PUNTATA

  1. Ascoltare davvero richiede uno sforzo attivo, non solo presenza fisica.
  2. Molti si preparano già la risposta mentre l’altro sta parlando, perdendo il senso del confronto.
  3. Le interruzioni frequenti segnalano una fatica ad accogliere punti di vista diversi.
  4. Farsi ascoltare implica anche imparare a modulare il tono e la forma del proprio messaggio.
  5. Alcuni usano l’umorismo come schermo per evitare l’ascolto profondo.
  6. La qualità dell’ascolto incide direttamente sulla qualità delle relazioni lavorative e personali.
  7. Sentirsi davvero ascoltati è un’esperienza rara ma fortemente trasformativa.
  8. Il contesto digitale rende più difficile cogliere segnali di ascolto reale.
  9. Le dinamiche di potere possono ostacolare l’ascolto reciproco autentico.
  10. Una buona domanda spesso vale più di una lunga argomentazione nel generare ascolto.
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GLI SPUNTI NATI DA QUESTA LIVE

1. L’eccesso di contenuti non è solo una questione quantitativa, ma anche mentale

Il problema non è quante cose leggiamo, ma quanto spazio mentale lasciano davvero.

  • Esempio pratico: Una voce dice che anche dopo ore su LinkedIn, sentiva di non aver assorbito nulla di utile.
2. Non tutto ciò che è pubblicato merita attenzione

La quantità di contenuti accessibili non giustifica il tempo speso a consumarli.

  • Esempio pratico: Una voce racconta di aver smesso di seguire profili “ispirazionali” perché le davano solo ansia di prestazione.
3. L’infodieta non è rinuncia, ma selezione attiva

Ridurre il flusso informativo aiuta a distinguere ciò che conta davvero.

  • Esempio pratico: Una voce ha iniziato a seguire solo 5 fonti specifiche e ha notato un aumento immediato della lucidità nelle scelte.
4. La produttività non si misura con la quantità di contenuti che si pubblicano

Il rischio è di alimentare il rumore invece di generare valore.

  • Esempio pratico: Una voce ha sospeso il proprio piano editoriale mensile quando si è accorta che scriveva solo per “riempire i buchi”.
5. L’autenticità è il filtro più efficace per scegliere cosa creare e cosa seguire

I contenuti che restano sono quelli che partono da una vera esigenza, non da un trend.

  • Esempio pratico: Una voce dice che il suo post più condiviso è stato quello scritto senza strategia, solo per raccontare una scoperta personale.
6. Pubblicare meno può rendere più autorevoli

Il silenzio tra un contenuto e l’altro aumenta l’ascolto e la qualità percepita.

  • Esempio pratico: Una voce ha deciso di scrivere solo una volta al mese, ma con post curati e profondi: ha ricevuto più feedback di prima.
7. L’abbondanza di stimoli crea paralisi decisionale

Troppe opzioni rendono difficile scegliere dove investire attenzione ed energie.

  • Esempio pratico: Una voce racconta che non riusciva a iniziare un progetto perché passava ore a confrontare approcci trovati online.
8. I contenuti non sono neutri: modificano il nostro modo di pensare

Ogni feed lascia un’impronta mentale e narrativa dentro chi lo guarda.

  • Esempio pratico: Una voce dice che, dopo settimane su contenuti motivazionali, si era convinta che fosse sbagliato rallentare.

DOMANDE GENERATIVE

Le domande che hanno generato un dialogo

Perché ci sentiamo spesso non ascoltati anche quando qualcuno è lì davanti a noi?

Ha attivato riflessioni sulla qualità dell’ascolto, mettendo in evidenza quanto la presenza fisica non basti se manca un vero interesse o disponibilità ad accogliere.

Qual è la differenza tra ascoltare e aspettare il proprio turno per parlare?

Domanda che ha scatenato un confronto diretto sulle dinamiche comunicative più frequenti, dove l’ascolto è solo apparente e si è già proiettati a rispondere.

Quanto incide il nostro modo di parlare sulla disponibilità degli altri ad ascoltarci?

Ha portato a discutere su tono, ritmo, scelta delle parole e su quanto la forma influenzi la ricezione del messaggio.

Cosa succede quando ci rendiamo conto che l’altro non ci sta ascoltando?

Ha messo in luce emozioni forti come frustrazione, rabbia o chiusura, ma anche strategie per riprendersi la comunicazione o cambiare registro.

DOMANDE TRASCURATE

Le domande che erano interessanti ma sono state poco considerate

Esistono contesti in cui non vale la pena farsi ascoltare?

È stata lanciata verso la fine ma non ha avuto spazio: avrebbe potuto aprire una riflessione utile sulla selettività e sulla scelta consapevole di dove investire energia.

Quanto conta il silenzio in un dialogo?

Domanda interessante che è rimasta implicita: nessuno ha affrontato in modo diretto il ruolo delle pause e dell’ascolto non verbale.

Perché è più facile ascoltare gli sconosciuti che le persone vicine?

Domanda provocatoria che è stata ignorata, forse per la sua implicazione emotiva, ma avrebbe potuto generare un confronto ricco.

Possiamo imparare ad ascoltare meglio o è una dote innata?

È stata solo accennata e lasciata cadere senza discussione, nonostante il potenziale per esplorare percorsi di miglioramento concreto.

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