
Anteprima della puntata:
Quando è il momento giusto di fare le cose?
Davvero solo adesso nel presente?
Cosa sottovalutiamo nel condividere continuamente di “”cogliere l’attimo””?
Perché aspettare e avere pazienza ci spaventa?
10 CONCETTI EMERSI DALLA PUNTATA
- Restare nel presente non è facile in contesti pieni di stimoli, scadenze e obiettivi futuri.
- Molte persone vivono in modalità “anticipazione”, sempre proiettati su ciò che verrà.
- Il qui e ora può essere faticoso da sostenere, soprattutto se il presente non è piacevole.
- Ci sono momenti in cui pensare al futuro è una strategia di sopravvivenza.
- La mente si allena con il tempo a restare dove si trova il corpo, ma non è automatico.
- L’attenzione parziale cronica mina la qualità delle relazioni e della produttività.
- Anche nei dialoghi, spesso si ascolta per rispondere, non per essere nel momento.
- Riconoscere la propria tendenza a fuggire mentalmente è già un passo di lucidità.
- Ci sono contesti che premiano l’essere “altrove” e penalizzano la presenza reale.
- Il “qui e ora” va scelto, non imposto: forzarlo può produrre l’effetto opposto.
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GLI SPUNTI NATI DA QUESTA LIVE
1. Vivere nel presente è difficile quando il futuro è carico di ansia
L’urgenza di controllare “ciò che verrà” impedisce di stare davvero nel momento.
- Esempio pratico: Una voce racconta che anche nei weekend continua a pensare alle scadenze della settimana, senza riuscire a rilassarsi mai del tutto.
2. Proiettarsi nel futuro può essere una forma di difesa
Pensare sempre a “cosa fare dopo” spesso serve per non sentire ciò che succede ora.
- Esempio pratico: Una voce dice che si organizza ogni dettaglio della giornata per non fermarsi e sentire la solitudine che prova appena si ferma.
3. Il presente può essere scomodo, e per questo lo si evita
A volte è più facile pensare a “come sarà” che restare nel disagio di ciò che c’è.
- Esempio pratico: Una voce racconta che preferisce fantasticare su nuovi progetti piuttosto che guardare in faccia una relazione in crisi.
4. Il “qui e ora” non è una ricetta, ma un equilibrio da costruire ogni volta
Non sempre è il momento giusto per fermarsi o per agire: va capito caso per caso.
- Esempio pratico: Una voce dice che ha imparato a non forzarsi a “essere presente” quando è agitata, ma a prendersi prima uno sfogo e poi tornare con calma.
5. Pianificare è utile solo se non diventa una fuga
Programmare aiuta, ma non deve sostituire l’ascolto di come si sta nel frattempo.
- Esempio pratico: Una voce racconta che aveva un’agenda perfetta ma non sentiva più entusiasmo per nulla: faceva solo per “funzionare”.
6. Restare troppo nel presente può diventare immobilismo
Alcune persone evitano scelte importanti “perché ora non è il momento”, ma in realtà stanno bloccando il cambiamento.
- Esempio pratico: Una voce dice che per anni ha evitato di cambiare casa dicendo “adesso non è il momento”, mentre in realtà aveva solo paura.
7. Allenarsi a passare dal futuro al presente aiuta a ritrovare il centro
Anche brevi ritorni al “qui e ora” danno sollievo in giornate confuse.
- Esempio pratico: Una voce racconta che si impone di fare 5 minuti senza schermi ogni mattina per riconnettersi con sé stessa prima di iniziare.
8. Non è necessario scegliere: presente e futuro possono dialogare
Vivere bene significa anche saper oscillare tra l’oggi e il domani, senza assolutismi.
- Esempio pratico: Una voce racconta che ha imparato a scrivere i propri obiettivi annuali, ma poi li rivede ogni mese, a seconda di come si sente.
DOMANDE GENERATIVE
Le domande che hanno generato un dialogo
Siamo più proiettati sul presente o su ciò che deve ancora arrivare?
Ha dato spazio a esperienze concrete di persone che si sentono costantemente sbilanciate verso il “dopo”: progetti, scadenze, obiettivi, trascurando quello che succede ora.
Quali conseguenze ha vivere con la testa sempre avanti?
Il confronto ha toccato stanchezza, distrazione, incapacità di godersi i risultati e una perenne sensazione di rincorsa che mina la soddisfazione personale.
Esiste un modo sano di restare nel presente senza perdere visione?
La domanda ha stimolato un confronto tra chi cerca ancoraggi quotidiani per restare centrato e chi invece usa la proiezione futura come strategia di gestione.
Quanto ci condizionano le attese degli altri sul nostro “poi”?
È emersa una discussione sulla pressione esterna che impone obiettivi, traiettorie e ritmi che non sempre coincidono con le proprie intenzioni.
DOMANDE TRASCURATE
Le domande che erano interessanti ma sono state poco considerate
Chi ci ha insegnato a pensare sempre al dopo?
Domanda posta ma subito superata: nessuno ha approfondito l’origine culturale o familiare di questa impostazione mentale.
Cosa ci spaventa del “qui e ora”?
È rimasta implicita: non è stato affrontato il possibile disagio di fermarsi davvero a sentire ciò che accade nel momento presente.
Viviamo per fare esperienza o per raccontarla?
Spunto potente accennato ma non sviluppato: avrebbe potuto aprire un confronto sul rapporto tra vissuto e rappresentazione, soprattutto nei social.
Come cambia il nostro tempo interno rispetto al tempo esterno?
Domanda solo evocata, che poteva portare a esplorare il ritmo personale, l’attesa, la percezione soggettiva del tempo nelle varie fasi della giornata o della vita.
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