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Quali canali di comunicazione usi e perché?

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Stagione 4 - Puntata n° 05
Anteprima della puntata:

Meglio whatsapp, email, telefono o altro? Tu quali canali comunicativi preferisci e quali difficoltà incontri dall’uso scorretto?

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10 CONCETTI EMERSI DALLA PUNTATA

  1. Whatsapp è diventato lo strumento dominante per le comunicazioni personali, grazie alla sua versatilità (messaggi, audio, chiamate, video).
  2. Molte persone sentono di “subire” l’utilizzo di alcuni strumenti perché sono imposti dalle abitudini degli altri o dal contesto professionale.
  3. La scelta del canale di comunicazione varia spesso in base al contesto: vita privata, lavoro, urgenza, confidenza, disponibilità.
  4. Alcuni strumenti vengono evitati non per la loro inefficacia, ma per le emozioni o i ricordi negativi che suscitano (es. ansia legata alle telefonate).
  5. La gratuità e l’accessibilità di strumenti digitali ha aumentato in modo esponenziale la quantità (spesso superflua) di comunicazione quotidiana.
  6. Molti partecipanti impongono delle “regole implicite” per l’utilizzo degli strumenti, come limiti orari o preferenze di formato (es. niente vocali lunghi).
  7. Nel mondo del lavoro, l’uso improprio degli strumenti digitali (come Teams o WhatsApp) può essere anche una forma di controllo o manipolazione comunicativa.
  8. Le scelte comunicative spesso ignorano le preferenze dell’altro: si comunica secondo la propria comodità, senza verificare se sia il metodo migliore per entrambi.
  9. Esiste una forte divergenza generazionale nell’uso e nella percezione degli strumenti di comunicazione.
  10. Molti ragionamenti sulla comunicazione sono legati a una domanda più profonda: “Serve davvero comunicare così tanto?”
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GLI SPUNTI NATI DA QUESTA LIVE

1. L’uso degli strumenti di comunicazione non è neutro, ma carico di significati personali e culturali

– Ogni persona attribuisce un valore specifico ai vari canali, che dipende dalle esperienze, dal contesto e dalle emozioni associate.

  • Esempio pratico: Un partecipante ha dichiarato di evitare Zoom perché lo associa a una comunicazione forzata e impersonale, mentre un altro lo preferisce per la possibilità di cogliere il tono e l’espressione dell’interlocutore.
2. Comunicare via WhatsApp può diventare una forma di pressione silenziosa

– Molte persone si sentono costrette a rispondere subito, anche fuori orario, perché si è creata un’aspettativa di disponibilità costante.

  • Esempio pratico: Alcuni hanno ricevuto messaggi audio di 4 o 10 minuti, percepiti come invadenti o esagerati, e hanno iniziato a “educare” i propri contatti a messaggi più brevi.
3. Scegliere lo strumento giusto per ogni tipo di comunicazione migliora le relazioni

– Non esiste un unico canale ideale: è utile valutare il tipo di messaggio, l’urgenza e la relazione con l’interlocutore.

  • Esempio pratico: Una professionista ha raccontato di usare WhatsApp solo se c’è un accordo esplicito con il cliente; in caso contrario, preferisce email o telefono.
4. Nel lavoro, troppi strumenti generano confusione e richiedono gestione

– Ogni canale richiede manutenzione, organizzazione e attenzione: troppi strumenti complicano il flusso di lavoro.

  • Esempio pratico: Un partecipante ha dichiarato di usare solo tre strumenti (mail, telefono, WhatsApp) per non disperdere energie nella gestione di app diverse.
5. Imparare a dire “non rispondo subito” è un gesto di rispetto verso sé stessi

– La disponibilità continua non è sinonimo di professionalità: serve stabilire limiti chiari.

  • Esempio pratico: Una consulente ha detto che se riceve un messaggio di sera, semplicemente lo legge ma risponde il giorno dopo, spiegando che “non sono un medico, le urgenze non esistono”.
6. Le generazioni usano gli strumenti in modo diverso: serve mediazione

– I più giovani prediligono messaggi scritti e asincroni, mentre i più anziani preferiscono telefonate e comunicazioni dirette.

  • Esempio pratico: È stato raccontato che in azienda ci sono conflitti tra chi vuole “parlare” e chi vuole “scrivere” su WhatsApp, con incomprensioni continue su tempi e modi.
7. I gruppi WhatsApp possono essere strumenti funzionali o trappole ansiogene

– Il valore del gruppo dipende dalla gestione condivisa e dal rispetto degli scopi per cui è nato.

  • Esempio pratico: Un partecipante ha raccontato di aver creato un gruppo per una gita e ha funzionato bene perché tutti hanno mantenuto il focus e il tono adeguato.
8. Dietro ogni canale si nascondono regole implicite che andrebbero rese esplicite

– Il buon senso non è universale: le “regole” di utilizzo di uno strumento devono essere condivise per evitare fraintendimenti.

  • Esempio pratico: Alcuni hanno detto che, pur avendo condiviso orari e modalità, hanno dovuto interrompere collaborazioni perché le regole non venivano rispettate (es. messaggi insistenti, pressioni continue).

DOMANDE GENERATIVE

Le domande che hanno generato un dialogo

Qual è il tuo canale di comunicazione preferito e perché?

Ha attivato una discussione personale e concreta, spingendo ciascuno a riflettere sul proprio modo di comunicare e sulle sue motivazioni.

Se qualcuno ti paga tanto, sei disposto a essere reperibile H24?

Ha portato alla luce visioni differenti sul rapporto tra tempo, etica e lavoro, aprendo un confronto tra valori personali e dinamiche professionali.

Esistono regole condivise nella comunicazione?

Ha stimolato il dibattito sul significato del “buonsenso” e sulla necessità di esplicitare regole, anche in contesti apparentemente informali.

DOMANDE TRASCURATE

Le domande che erano interessanti ma sono state poco considerate

Quali sono le quattro modalità principali di comunicazione su WhatsApp?

È stata accennata all’inizio ma non approfondita: l’interesse si è spostato subito sulle esperienze personali e sulle criticità dello strumento.

Abbiamo davvero bisogno di comunicare così tanto?

È stata posta come provocazione ma non è diventata centrale nel dialogo, rimanendo sullo sfondo della riflessione generale.